Riflessioni sull’estetica musicale:tributo ad un artista ibleo
Saggio-recensione de La Sicilia musicale
Contesti musicali e coreutici urbani nel ragusano: la figura di Eugenio Dipasquale.
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Contesti musicali e coreutici urbani nel ragusano: la figura di Eugenio Di Pasquale. di Dario Adamo

Sulla nostra tradizione coreutica e musicale l’avvento del cosiddetto ‘liscio’ ha esercitato un impatto fortissimo. Il termine ‘liscio’ fu coniato nel settentrione d’Italia, dove il fenomeno ha inciso maggiormente sul sostrato coreutico preesistente, per distinguere alcuni nuovi balli - principalmente il valzer, la polka e la mazurka (ai quali si aggiunsero poi lo one-step e il tango)1 - da quelli ‘saltati’ della tradizione, come nostra tarantella. Questi nuovi balli provenienti dal folklore di vari paesi entrarono, a partire dall’inizio dell’Ottocento, nel nostro mondo aristocratico e borghese sovvertendo l’idea stessa di ballo di sala. I modelli coreutici desunti dai primi pianisti-compositori romantici dall’ambiente contadino mitteleuropeo erano stati utilizzati per realizzare una musica destinata ai salotti e ai concerti con esito finale defunzionalizzante (cioè essa progressivamente non risultava essere più finalizzata ad accompagnare il ballo ma ad intrattenere ora con espedienti virtuosistici ora con accenti elegiaci). Questo repertorio ben presto si propagherà in tutto l’Occidente ispirando i compositori autoctoni. Anche negli Iblei troviamo degli epigoni di cui utile esempio, limitandoci al poco posseduto dalle biblioteche pubbliche della nostra provincia, sono due brani pianistici provenienti dalla biblioteca della famiglia De Leva, oggi conservati alla sezione di Modica dell’Archivio di Stato di Ragusa: Da Vizzini a Modica, polka di Antonino Ruta e Fiamma nell’ombra, valzer boston2 di Giovanni Scapellato (quest’ultima scritta nel 1915). Dall’ambiente aristocratico e borghese questi balli pervennero ai ceti urbani. In questi nuovi contesti sono i musicisti professionisti e semiprofessionisti ad assecondare il desiderio di nuovo e di esotico sentito dalla comunità cittadina. Se nel centro e nel meridione d’Italia esistono sacche di resistenza dei vecchi balli, in Sicilia la nuova moda ha fatto tabula rasa della tradizione locale, probabile complice l’emigrazione americana (i musicisti emigrati nelle città d’Oltreoceano hanno importato nella madrepatria sia la prassi esecutiva che i dischi prodotti nel nuovo continente per il mercato italo-americano)3.

Tra gli esponenti di questo ambito della nostra cultura musicale emerge dalle nebbie del passato Eugenio Di Pasquale, la cui attività semiprofessionistica, che riveste rilevanza soprattutto locale, registrò nel 1936 una fortunata partecipazione ad un concorso indetto dalla casa editrice Manni di Firenze allo scopo di selezionare alcuni brani ballabili in voga a quel tempo. La stampa di questi brani era rivolta al mondo della musica popolare urbana da cui gli stessi concorrenti provenivano. La prima fase di ricerca biografica e documentaristica, di cui questo articolo è frutto, si è basata su quanto edito e lasciato manoscritto, e sulla testimonianza dei figli4. Eugenio Di Pasquale (1 aprile 1891 - 3 maggio 1968) aveva appreso sin da piccolo lo studio della musica suonando il clarinetto nella banda5. Ma per lui più che una professione, l’attività musicale sarebbe stata per tutta la vita una passione. In seguito imparò da autodidatta il violino e il mandolino. Dei suoi tre strumenti si conservano presso i figli due mandolini (il più antico costruito nella prima metà del secolo dal liutaio catanese Salvatore Spadaro), mentre si sono perse le tracce del violino. Dopo alcuni anni trascorsi a Buenos Aires (ove in occasione di feste e assemblee serali partecipò più volte come intrattenitore musicale), il Di Pasquale ritornò a Ragusa dove, sposatosi nel 1922, riuscì a metter su bottega (in via S.Anna 257, nel tratto compreso tra via Garibaldi e Via Martorana), una merceria che divenne abitualmente luogo di ritrovo di musicisti. I giovani ricevevano dal Nostro informali lezioni individuali e di gruppo. Durante i momenti di pausa ritagliati nella quotidianità, il musicista suonava da solo annotando di tanto in tanto le melodie più riuscite. Purtroppo dei numerosi quaderni di musica un tempo esistenti se ne conserva solo uno (di otto carte) che reca solo due pagine manoscritte (1r e 2r) di incerta datazione: riportano rispettivamente Manamaramma : one-step e un brano privo di titolo in tempo di valzer. Nel 1936 la sua partecipazione al concorso Manni. Le sue Paradiso : valzer e Fila fila : polka ottennero attestazioni di riconoscimento (testimoniati da due diplomi redatti dalla giuria del concorso il 2 dicembre di quell’anno) e vennero pubblicate dallo stesso editore, pare entro la fine del 1936, nel volumetto Musica nova6 assieme ad altre centotrentacinque composizioni selezionate. Esse si presentano come brani per solista: tale condizione è determinata dall’esigenza economica dell’editore ma anche dall’abitudine improvvisativa dei musicisti che sapevano (e dovevano) sia variare la melodia ad ogni riproposta che realizzarne un accompagnamento appropriato su un’idea melodica di base. Siamo in un contesto diverso da quello agreste in cui la musica veniva prodotta con l’ausilio di organici caratterizzati dall’uso di aerofoni (frischittulu) e da membranofoni (tammurieddu) - senza apparenti influenze esterne nè aspirazioni colte della scrittura - in momenti specifici della quotidiano o della festività. Tuttavia, il repertorio di cui ci stiamo occupando conserva sia caratteristiche colte (i modelli coreutici e il ricorso alla scrittura) che ‘etniche’ (la variazione strofica e l’accompagnamento all’impronta), ma possiede una sua fisionomia sia dal punto sociale che strettamente musicale, a partire dall’organico adottato. In ambiente cittadino era consueto riunirsi informalmente per suonare nelle botteghe dei barbieri7, artigiani e commercianti. Gli insiemi più diffusi erano i gruppi di strumenti a corde (mandolini, chitarre) e ad arco (violino) ai quali va aggiunta la fisarmonica, e chiaramente per i brani cantati la voce. Una corretta analisi e una fedele riproposizione di questi ‘reperti’ devono tener conto della loro pratica d’assieme oltre che del contesto sociale di cui essi furono espressione. Il processo in cui si delinea come fonte di partenza di questo repertorio il mondo contadino mitteleuropeo e come punto d’arrivo l’ambiente urbano italiano (e in particolare, siciliano) costituisce una prima fase dello straniamento e della globalizzazione di cui oggi sono evidenti gli esiti. Ma appunto perché tale musica si è sovrapposta ad una precedente tradizione di ballo di cui è l’erede e la continuazione, "sarebbe ( ... ) scorretto ignorare la pratica dei nuovi balli e delle relative musiche, mentre è invece necessario ripercorrerne il cammino ( .... ), fin anche alle manifestazioni commerciali attuali"8.

 

NOTE

1. Le danze di coppie in questione provenivano da vari paesi: mentre il valzer, austriaco, e la mazurka, polacca, sono in tempo ternario, la polka, boema, lo one-step, statunitense, e il tango, argentino (ma di probabile origine cubana) sono in tempo binario.

2. Il boston è un ballo di sala, a ritmo di valzer lento, apparso nell’Ottocento in America e divenuto popolarissimo intorno al 1915 anche in Europa

3. Le molte Italie e altre questioni di ricerca e di studio / Roberto Leydi, in Guida alla musica popolare in Italia: 1. Forme e strutture /a cura di Roberto Leydi. - Lucca : LIM, 1990s. - p.21-22

4 Trattasi delle stiliste Sorelle Di Pasquale e di Fino Di Pasquale, titolare di un noto stucchificio.

5. In questa fase della ricerca non è ancora emerso un dato che confermerebbe trattarsi del corpo bandistico di Ragusa Superiore o di quello di Ibla.

6. Musica nuova : 137 composizioni premiate al concorso 1936 della casa musicale Manni. - Firenze : Manni, [1936].

7. Al Museo Etnografico di Modica si ne può osservare una ricostruzione d’ambiente.

8. Vedi nota 3