Archeologia

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Modica: un bilancio preliminare delle ricerche archeologiche

di Vittorio G. Rizz.one - Anna M. Sammito

Manca finora documentazione certa relativa al periodo compreso fra la media e la tarda età del bronzo nell’attuale area urbana. Il rarefarsi delle testimonianze per questi periodi è comune nella zona interna della Sicilia sud-orientale, dove sembra avvenire uno spostamento degli insediamenti verso l’area del litorale ionico (9); anche dalla zona del modicano, comunque, nuove scoperte colmano l’apparente vuoto e rivelano che, se pure in misura di lunga ridotta, l’occupazione di alcuni insediamenti continua anche nella media età del bronzo ed oltre: si tratta di documenti che provengono da Cava Ispica (10), da Cava Gisana (11) e da Favarotta - Cava Cucco (12).

Per l’età di Cassibile dal territorio modicano sono noti da tempo due importanti ritrovamenti: un gruppo di cinque asce ad occhio in bronzo provenienti da un punto imprecisato della Cava Ispica, già appartenenti alla collezione del marchese di Castelluccio (13) e il ripostiglio del Mulino del Salto: quest’ultimo, scoperto casualmente nel corso di lavori agricoli nel 1898, è costituito da circa 6 kg. di bronzo lavorato in spade con presa a T di tipo egeo, asce, fibule con arco a gomito, ad arco semplice appena ingrossato, ad arco ribassato ed ingrossato, punte di lancia, una sega e spirali ornamentali; associato con i bronzi è anche un frammento di lama in ferro. Esso sembra essere stato sepolto contemporaneamente al vicino ripostiglio di contrada Castelluccio presso Scicli (14).

Al periodo compreso fra la tarda età del bronzo e l’età del ferro, ma non è possibile restringere l’arco cronologico a causa della mancanza dei materiali, si può assegnare la necropoli di contrada Mista, nel versante orientale della vallata del Pozzo dei Pruni. Una descrizione dettagliata della necropoli fu fornita da S. Minardo (15), al quale si deve la prima esplorazione nel 1904. La situazione, già compromessa agli inizi del secolo a causa di una cava di pietra, che comportò la distruzione di circa trenta del centinaio di tombe a grotticella artificiale registrate dallo studioso, è ancora peggiorata per l’espansione edilizia in quest’area che ha continuato l’opera di distruzione. Lo stesso studioso assegnò le tombe al "primo periodo siculo" corrispondente al periodo castellucciano, ma, in realtà, esse presentano caratteri recenziori che le riportano ad età successiva: si ritrovano, infatti, tombe a pianta ellittica con ingresso trapezoidale, "monumentalizzato" da una triplice cornice e tombe con pianta quadrangolare con soffitto piano e con banchina laterale precedute da un vestibolo (16).

Per quanto sia discontinua e talora incerta la documentazione, all’età del ferro è possibile assegnare il formarsi di quel centro indigeno che doveva gravitare attorno alla rocca del futuro Castello, naturalmente difesa su tre lati e verosimilmente protetta da una fortificazione dal lato di settentrione, ovvero dal lato del soprastante pianoro di Santa Teresa, con le necropoli distribuite lungo i pendii. Di queste è certa la necropoli di ponente alla quale appartengono due tombe rinvenute nel 1925 in via Polara: i ricchi corredi consistono, ciascuno, in più di trenta vasi e di monili in bronzo ed in ferro (fibule a navicella, a drago, catenelle, spirali e anelli), oggetti in ambra ed anche un coltello di selce (17). Per quanto concerne il vasellame, si tratta in gran parte di anfore, oinochoai a bocca trilobata, ollette, scodelle e scodelloni tri- e quadriansati, un piccolo kantharos (o kyathos), stamnoi e coppe di produzione locale con decorazione di tipo geometrico incisa ma anche dipinta, associati con materiali importati del tardo geometrico corinzio: una kotyle del tipo Aetos 666 ed una coppa della classe di Thapsos, di poco più recente della precedente; i corredi sono stati assegnati alla fase IIA del Finocchito, cronologicamente inquadrabile nella seconda metà dell’VIII secolo a.C.. (18)

L’importante rinvenimento, in realtà, non è isolato in quanto dall’area modicana è segnalata la provenienza di un altro vaso, la coppa cosiddetta La Rocca, attribuibile a fabbrica euboico-cicladica del tardo periodo geometrico e "frammenti di parete di probabile anforone attico tipo SOS, alcuni frr. di scodelloni e di anfore simili a quelli di via Polara" sono registrati come provenienti da piazza Santa Teresa (19). Per l’età arcaica si hanno finora testimonianze sporadiche: frammenti di vasi dello stile di Licodia Eubea dall’area del Quartiriccio e un’hydria integra dal quartiere di San Vito, forse già pertinente ad un corredo sepolcrale (20), che testimonia, verosimilmente, la destinazione funeraria dei versanti della rocca del Castello anche nel corso del VII e del VI secolo a.C.

I rinvenimenti dei periodi successivi, che qui si vuole ripercorrere cronologicamente, sono, ancora una volta, occasionali e sporadici: per l’età classica non si hanno finora testimonianze tranne quelle di contrada Oreto, (lege Loreto) nella chora settentrionale di Motyka: qui, dopo il rinvenimento casuale di un’hydria attica a figure rosse della fine del V secolo a.C., utilizzata come cinerario e racchiusa in un dado di pietre, venne messa in luce una necropoli di cinque tombe a fossa, pertinente, secondo Orsi, ad una piccola fattoria; le tombe restituirono un’altra hydria a figure rosse e dei vasi a fuso (21).

(V.G.R.)