critica |
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Dopo aver a lungo dissertato con Giovanni Turlà sull'arte e sui molteplici effetti che essa esercita sulla nostra esistenza mi trovo a dover cogliere le linee fondamentali della sua esperienza pittorica. Giovanni Turlà percorre instancabilmente le strade e i luoghi dei suoi dipinti, ricercando in modo estenuante la "perfezione" della semplicità e l'immediatezza cromatica. Partendo dalla profonda ammirazione per il movimento dei Macchiaioli e per i maestri come De Nittis e Pissarro egli sintetizza il tema del paesaggio in maniera preziosa e sobria. Si allontana da qualunque preoccupazione contenutistica e riesce ad inserire peculiarità del paesaggio mediterraneo che trovano soluzione nei gialli e negli azzurri più accesi. Giovanni si muove senza difficoltà da una gamma di grigi cupi che comprimono la luce tra nubi ad improvvisi sprazzi di lumiosità che invadono i viottoli polverosi e aridi di questi scorci silenzioni e quasi rallentati nel loro esistere dalla tristezza dei colori. Di questo autore si ammira la ricerca e la passione per il mondo dell'arte da cui è inevitabilmente attratto e la sua dedizione alla pittura come momento di espressione della creatività umana esposta alla soffocante quotidianità. I lavori di Giovanni Turlà sono angoli di pace e di autentica alienazione dal caos, un invito a fermarsi e ammirare ciò che solitamente ignoriamo al di fuori dei nostri bunker. Nessuna di queste visioni esterne appartiene ad un momento preciso, esse sono senza tempo, ma sono certo che alcune di esse un giorno non saranno più perchè un albero morirà, una casa perderà colore e il mare si vedrà ogni giorno di meno. Francesco LUCIFORA
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Accostandomi, da profano in materia, all’Arte pittorica di Giovanni Turlà, posso solo parlare di sensazioni epidermiche, poichè lascio ad "addetti ai lavori" e "critici d’arte" il compito di parlarne in maniera specialistica. Così, visitando una sua "personale", ho provato a calarmi negli aspetti creativi, o se vogliamo, in una mia personale chiave di lettura dei suoi quadri. Per il motivo che la quasi totalità di persone che visitano – compreso il sottoscritto– una galleria, una pinacoteca, una mostra o quant’altro, credo si trovino nella situazione di capire men che niente, limitandosi – limitandoci - ad una semplice lettura visiva. In Giovanni Turlà credo che il paesaggio, se non essere il leit-motiv dell’artista, sia sicuramente il territorio artistico per antonomasia,dove egli si muove sicuro, e da dove bisogna partire per arrivare a comprendere il suo messaggio. Si, perchè io credo che Giovanni Turlà, inconsapevolmente – come del resto lo sono le persone "modeste" d’animo che lavorano seriamente – lancia un messaggio. O almeno io ve lo leggo nei suoi quadri. Le tinte e i colori, poco vivi – ma non lo reputo un difetto, quì – tinti o cupi, in digressione cromatica, irradiano sempre una solarità che credo significhino la gioia di vivere che in Turlà si esprime attraverso il naturale e leggero tocco di ogni singola pennellata. Gli orizzonti sono lontani e l’occhio , a volerlo, spazia alla ricerca. In ciò vi è la vita che si schiude ad ognuno di noi, offrendosi. Va da se, poi, che guardando ogni quadro nei particolari, ci si accorge che tanti piccoli particolari arricchiscono la tavolozza. Per traslato, nella nostra vita significano le piccole gioie quotidiane che rendono bella la quotidianità. I colori del cielo che indovini sempre plumbeo, o venato da densi cirrostrati forieri di cambiamento meteoreologico, non sono altro che il percorso artistico ed umano del pittore. In questi sterminati paesaggi, dove immaginariamente ognuno di noi vi si colloca, e vi "vive", il guardarvi attentamente , è come rivedere alla moviola, in feedback, i propri ricordi vicini e lontani, il vissuto. Azzardo, quasi una ricerca estenuante, come di un "déjà vu", per chiedersi incosciamente: "come mai non vi sono, nella maggior parte dei quadri , delle figure umane? O perchè solo in alcuni quadri ?" Ben dice Salvatore Quasimodo:"… ognuno sta solo nel cuore di questa terra, trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera". Giovanni Turlà sembra con i colori testimoniare tutto ciò, la solitudine umana di fronte alla immensità della natura. Quell’ancestrale paura atavica che, nonostante e tecnologia permettendo – credo non abbandonerà mai l’uomo, poichè così è stato dagli albori della civiltà sulla terra. Ma, per contro, una pace interiore ci viene trasmessa dall’osservazione delle tele. Così, a me è giustappunto capitato, incoscio ma palpabile, il messaggio di Turlà diventa universale: ossia a dire quello dell’uomo che perdendosi nella vastità della natura (della sua psiche) ritrova se stesso. E rassicurato guarda verso l’alto (Dio, alti ideali). Ad ogni buon conto, in ciò nobilitandosi e trovando la forza per estrapolare da se stesso schemi, ideali, comportamenti per far sì che diventi più vivibile la sua e l’altrui vita. Giovanni Dormiente
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