Floridia un musicista in cerca di patria         (La Pagina 28 Dicembre 1999).

Il 16 agosto 1932 un lutto illustre colpì, ignara, la città di Modica. Dimenticato dalla quasi totalità dei

compatrioti chiudeva gli occhi per sempre Pietro Floridia. Ancora oggi a fatica i suoi concittadini

riconoscono in questo nome uno dei loro più capaci artisti. La sua produzione si inscrive in un periodo

unitario, i tormentati decenni a cavallo tra Otto e Novecento. Solo forzatamente potremmo scindere le

composizioni scritte tra 1882 e 1889 dalle successive, come suggerirebbe il presente numero del

nostro giornale dedicato all'ultimo secolo modicano. Ricordiamo ancora una volta, scevri da feticismo e

senza avanzare alcuna pretesa di superiorità nei confronti di compositori ben più quotati, che Floridia

riuscì ad imporre per un limitato lasso di tempo, oltre alle composizioni pianistiche (d'accordo alcune, e

solo alcune, di gusto salottiero) edite da prestigiose ditte, lavori sinfonici (come la plurieseguita Sinfonia

in re minore, 1888) che lo apparentano a Wagner, Brahms, Bruckner, Dvorak, Frank (a cui il Nostro

tendeva, se non altro in forma epigonica); mise in scena più volte opere liriche (come Maruzza [1894] il

cui buon libretto e conseguente realizzazione musicale svettano sicuramente all'interno del corpus

dell'opera "plebea" in cui ammiriamo Cavalleria Rusticana di Mascagni, L'arlesiana di Cilea, Pagliacci di

Leoncavallo, Tabarro di Puccini e Nozze Istriane di Smareglia). Approdato negli Stati Uniti,

puntualizziamo non come povero emigrante ma come artista

al culmine della carriera, la sua infaticabile verve non si esaurisce. Sul suolo americano Floridia

realizzerà l'opera Paoletta (New York, 1910), oltre alle perdute musiche per la wildeana A Florentine

Tragedy (1917); rispondendo alla nascente industria musicale newyorkese il compositore

modicano comporrà con lo sguardo rivolto alla brevitas del song (componendo laconici brani pianistici e

canzoni influenzate dalla circostante cultura metropolitana in cui convivevano soprattutto elementi afro

ed europopolari). La sua attività americana degli ultimi decenni è legata però

a due fonografi (Starr Piano Company e Victor Talking Machine) per i quali scelse, orchestrò e ne

promosse le incisioni discografiche. Nonostante i traguardi artistici e le soddisfazioni (accanto alle ben

più cocenti delusioni) ottenute fuori dal suo luogo natale, all'ingiustamente obliato musicista, nel cui

corposo epistolario tanta nostalgia per la terra d'origine emerge, tardivo il larvato e timido

riconoscimento della classe politica e intellettuale modicana.

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