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TUTTO SUGLI EX-LIBRIS   a cura di Enzo Pellai

La crisi della aristocrazia sfociata nella Rivoluzione francese, e la diffusione delle idee democratiche in tutta Europa, portò a una decadenza delle qualità formali dell'exlibris. La borghesia diventava protagonista della vita economica e politica: apparentemente tutti erano cittadini uguali nei diritti e nei doveri, per cui anche dagli exlibris scomparvero i simboli emblematici della gloria.

Sui libri della nuova classe emergente si applicarono delle etichette con il nome del titolare circondato da semplici cornici.

Fu così fino agli anni Ottanta del XIX secolo, quando si verificò un mutamento radicale nella storia del costume e dell'arte. Il collezionismo bibliofilo, che si era esteso alla borghesia colta, subì l'influsso delle idee che andava diffondendo in quegli anni William Morris (1834-1896), una figura complessa di poeta, di saggista, di artista inglese che, unendosi ai movimenti di critica all'industrializzazione e di ribellione alle condizioni disumane di vita imposte agli operai, teorizzò un "Socialismo della bellezza". Con alcuni suoi amici, "operai d'arte", si impegnò a rigenerare la società in tutte le espressioni della cultura: dall'architettura alla poesia, dalla produzione e vendita di oggetti artigianali alla tipografia; per raggiungere questo scopo fondò la società per le esposizioni Arts and Crafts (1880) e la tipografia Kelmscott Press (1890).

Nella cultura europea molti intellettuali e artisti, delusi dalle idee positivistiche, auspicavano una bellezza idealizzata estranea alle percezioni sensoriali, sostanziata da visioni oniriche. Queste esigenze furono teorizzate dal "Manifesto del Simbolismo" di Jean Moreau (1856-1910), pubblicato su "le Figaro" nel 1866.

Anche l'arte grafica applicata alla decorazione e illustrazione del libro, al manifesto pubblicitario, al francobollo, all'exlibris, dopo che era stata rinnovata dall'opera di W. Morris, ebbe un ruolo rilevante nel far conoscere questa nuova tendenza. Essa stimolò notevolmente il collezionismo, che ricercò ogni espressione grafica non più per la sua funzione ma per il piacere di possedere un oggetto nel quale si concentrava l'essenza della bellezza. Per esempio, gli stampatori litografarono grandi tirature dei manifesti pubblicitari, creati da Touluse-Lautrec, perché erano richiesti dai collezionisti, indipendentemente dalla loro funzione, tanto che in alcuni casi furono commercializzati con la sola vignetta, senza le scritte pubblicitarie.

Anche l'exlibris risentì di questa situazione: rimase la sua funzione di rapporto personale con il libro, ma si modificò il suo significato: il nome del titolare diminuì di importanza mentre furono valorizzati l'artista e la qualità estetica.

Con l'estendersi del collezionismo si giunse a produrre degli exlibris formalmente ineccepibili nella loro funzione, ma questa virtuale restò, perché parte (a volte tutta) della tiratura era destinata alle raccolte. A partire da questa epoca l'exlibris divenne una vera grafica d'arte, nata dal desiderio di un collezionista di possedere un oggetto che esprimesse l'idea di bellezza, realizzata da un artista, su proposte di un tema che qualificasse moralmente, socialmente o professionalmente il committente.

Pertanto, nel nostro secolo, l'exlibris assume il duplice valore di testimone originale della storia dell'arte e della storia della società. Ma, di questo importante capitolo, non ancora concluso di cui tutti possono diventare protagonisti, collezionando o facendo eseguire un proprio exlibris, scriveremo successivamente.